Road trip gastronomico: 10 mete culinarie da non perdersi durante un viaggio in Sicilia

Di Diana Pettinato - Scritto il


Come dice George Bernard Shaw: “Le cose più belle della vita o sono immorali, o sono illegali, oppure fanno ingrassare”.

Tristemente vero, ma, mentre la legge o la moralità vietano in modo assoluto certi comportamenti, nessuno vieta, di tanto in tanto, un piccolo sgarro alla dieta.
E chi conosce la Sicilia sa che qui gli sgarri alla dieta (se mai di dieta si possa parlare) sono all’ordine del giorno.
D’altronde, come si potrebbe resistere? Ad ogni angolo, ad ogni ora del giorno (e della notte), aleggia un profumino di pietanze appena portate in tavola, di pane appena sfornato e di basilico spezzettato per dare l’ultimo tocco alla pasta alla Norma. Perché in Sicilia non si mangia solo con la bocca, ma si mangia con gli occhi, ammirando i colori caldi e rassicuranti di piatti della tradizione, si mangia col naso, ricordando, attraverso un odore, momenti felici attorno ad un tavolo con parenti e amici, e si mangia con le mani, sentendo sotto le dita la consistenza di qualcosa che ci appartiene come se fosse una parte di noi.
Quindi c’è poco da fare: nessun amante del buon cibo può definirsi tale se non ha provato l’esperienza mistica di un road trip gastronomico in Sicilia.
Eccovi quindi alcune (sarebbe impossibile inserirle tutte) delle mete imperdibili per voi, per il vostro spirito e per il vostro palato.

 

1.PALERMO


Pane e panelle

Le panelle sono frittelle preparate con farina di ceci, acqua e prezzemolo, e rappresentano un tipico cibo da strada della cucina palermitana. Oltre alle panelle, la cucina palermitana vanta altri tipi di cibo da strada tanto da essere inserita nella top ten mondiale per la produzione di street food.
Le panelle, in passato, si mangiavano soprattutto in mezzo alle “mafalde”, forme di pane di circa 200 grammi con la crosta ricoperta di semi di sesamo, a Palermo detto "cimino" o in mezzo a panini rotondi di pasta non lievitata chiamati in palermitano antico "cacciotti". Adesso, invece, vengono servite in panini oblunghi, ricoperti di sesamo e chiamati "semprefreschi".
Le panelle sono spesso consumate assieme ai "cazzilli" (crocchette di patate con prezzemolo) o con altre specialità fritte in pastella, e condite a piacere con sale e limone. Queste, nel palermitano, rappresentano il caratteristico spuntino, infatti si possono acquistare in moltissimi luoghi della città, in particolare nelle “friggitorie", anche ambulanti, presenti nelle strade di grande traffico, nei quartieri popolari o residenziali, nei quartieri nuovi e nel centro storico.

Pasta con le sarde

La pasta con le sarde (“pasta chî sardi” in siciliano) è un piatto tipico della cucina siciliana, inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf).
Gli ingredienti principali sono sarde, pasta e finocchietto.
La sarda è un pesce azzurro assai diffuso nel mediterraneo: appartiene allo stesso gruppo delle acciughe (o alici), ma è più grassa, e deve per questo essere cucinata non oltre le otto ore dalla pesca, per non comprometterne il sapore. Le sarde (o sardelle) previste per questo piatto devono essere quelle fresche e non possono essere sostituite con le sardine sott’olio.
Quanto alla pasta, sono generalmente indicati tre tipi di pasta, tutti di semola di grano duro: i bucatini, i perciatelli, leggermente più grossi dei bucatini e chiamati anche col nome generico di maccheroni, e i mezzani o mezzi ziti.
Ma quello che dà il vero tocco speciale al piatto è il finocchietto selvatico, col suo profumo inconfondibile: se ne utilizzano le parti più tenere e verdi, i germogli, i rametti più giovani e le tipiche foglie piumose (o barba).
Gli altri ingredienti della ricetta classica sono: cipolle, pan grattato, uva passa, pinoli, zafferano, olio, sale e pepe.
In origine era un piatto stagionale e si poteva preparare solo da marzo a settembre, periodo in cui si trovavano al mercato le sarde fresche ed era possibile raccogliere nei campi il finocchio selvatico; adesso viene cucinato tutto l'anno.

Sfincione

Lo sfincione (“sfinciuni” o “spinciuni” in siciliano) è un prodotto tipico della gastronomia palermitana, inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T.) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAF).
Il nome si fa derivare dal latino spongia e dal greco spòngos, σπόγγος, ossia "spugna". Si tratta infatti di un’antica ricetta che vede come ingrediente cardine il pane pizza (morbido e lievitato, simile appunto ad una spugna) con sopra una salsa a base di pomodoro, cipolla, acciughe, origano e pezzetti di formaggio tipico siciliano, il Caciocavallo ragusano.
Lo sfincione si può gustare solo a Palermo e dintorni presso alcune pizzerie, gastronomie e panifici.
Il prodotto più originale viene però prodotto artigianalmente nei pressi di porta Sant'Agata, e commercializzato come street food da ambulanti che si muovono per le vie della città a bordo di motoveicoli a tre ruote (meglio conosciuti come "lapini", storpiatura del nome del veicolo, un'Ape Piaggio) e invitano ad assaporare il loro prodotto gridando a voce alta, o attraverso un amplificatore, in dialetto palermitano: "Scairsu r'uagghiu e chin'i pruvulazzu" che, tradotto, vuol dire "scarso di olio e pieno di polvere". Il grido icastico del banditore fa riferimento alla qualità del cibo: se lo sfincione fosse condito con una quantità d'olio superiore al necessario risulterebbe poco soffice e lo stesso sapore ne sarebbe condizionato, la "polvere" fa invece riferimento alla consistenza compatta del suo condimento.
Una variante è lo sfincione bianco, preparato a Bagheria, secondo una ricetta alternativa che non prevede l'uso della salsa di pomodoro, sostituita da tuma (o ricotta), cipolle e acciughe.

Sarde a beccafico

Le sarde a beccafico (in siciliano “sardi a beccaficu”) sono una preparazione a base di sarde tipica della gastronomia siciliana, in particolare palermitana.
È una pietanza tipica siciliana e come tale è stata ufficialmente riconosciuta e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf).
Il piatto consiste nel preparare le sarde al forno, arrotolate intorno a un composto di pan grattato, aglio e prezzemolo tritati, uva sultanina, pinoli, sale, pepe e olio d'oliva. È un piatto della tradizione popolare e si trova spesso in vendita nelle friggitorie dei mercati palermitani, come la Vuccirìa, ma anche a Trapani, Agrigento, Messina e Catania e nei vari comuni delle relative province.
Nella versione catanese si aggiunge alla farcia anche il caciocavallo, e, anziché essere arrotolate sulla farcia , le sarde sono disposte una sopra l'altra, a due a due, impanate e fritte.
Le sarde a beccafico sono considerate un secondo ma vengono anche servite come ricco antipasto soprattutto nei pranzi cerimoniali.

 

2.TRAPANI


Cuscus

Il cuscus (“cuscusu” in dialetto) è un piatto unico tipico di Trapani e delle zone limitrofe come Favignana e San Vito Lo Capo. È costituito da granelli di semola del diametro di un millimetro incocciati a mano e poi cotti a vapore in una speciale pentola forata di terracotta smaltata. Il condimento, a differenza di quello magrebino, è la “ghiotta”, un brodetto di pesce misto di scorfano rosso, scorfano nero, cernia, pesce San Pietro, vopa, gallinella, luvaro e anguilla delle saline della zona, insieme a qualche gambero o scampo.
Altra versione in quella zona (in particolare a Marsala e Mazara del Vallo) sono i "frascatuli", palline di semola impastata, accompagnati con brodo di pesce. Nell'entroterra trapanese il cuscus o le frascatole sono cucinati anche accompagnati da una zuppa di cavolfiore, fave, carote, ceci e verdure varie.
Il cuscus trapanese è inserito tra i Prodotti agroalimentari tradizionali siciliani riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, su proposta della Regione Siciliana.
Da segnalare il Cous Cous Fest, evento che si tiene a fine Settembre a San Vito Lo Capo. Durante ogni edizione, grandi chef giungono in questo angolo della Sicilia occidentale da tutto il mondo, si confrontano tra i fornelli e preparano piatti originali e gustosi circondati da un pubblico sempre più numeroso e attento. La manifestazione dura una settimana, durante la quale, oltre a gustare il cuscus, è possibile partecipare a incontri culturali, laboratori di cucina e seminari, mentre la sera, in Piazza Santuario, si esibiscono i grandi nomi della musica italiana ed internazionale.

Cassatelle

Le cassatelle (“cassateddi” in dialetto siciliano) sono dolci tipici della gastronomia siciliana, originari della cittadina di Calatafimi, in provincia di Trapani, ma oggi diffusi in gran parte della Sicilia occidentale. In determinate aree del trapanese sono denominate in altri modi, come ad esempio “cappidduzzi” a Marsala o “raviola” a Mazara del Vallo.
Sono come dei grandi ravioli dolci: all’interno vengono farciti con un impasto di ricotta di pecora, zucchero, un pizzico di cannella e gocce di cioccolato, e vengono fritti per immersione nell'olio bollente. Per la pasta si usa farina di grano duro, zucchero, olio d'oliva, una goccia di vino Marsala e una grattuggiata di scorza di limone.

 

3.AGRIGENTO

 

Macco di fave

Il macco di fave (in dialetto “maccu di favi”) trae origine nella provincia di Agrigento, in particolare nel comune di Raffadali, ma la sua preparazione è diffusa in tutta la Sicilia occidentale ed anche in quella orientale.
È un piatto povero della cultura contadina, ma nello stesso tempo molto nutriente, e consiste in una crema di fave realizzata con una cottura prolungata di fave secche, alle quali viene aggiunta una verdura, solitamente bietole, e servita con il solo condimento di olio extravergine di oliva.
Viene consumata come minestra o piatto unico con l’aggiunta della pasta (“pasta cò maccu”).
Curiosità: con questo termine, nel dialetto siciliano, viene anche indicato un comportamento superbo e altezzoso.

Agnello pasquale


L'agnello pasquale è un dolce tipico del comune di Favara, in provincia di Agrigento, ed è costituito da pasta reale (pasta di mandorle) e pasta di pistacchio.
Tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento si ha qualche traccia di dolci di pasta reale e pasta di pistacchio a Favara: la tradizione narra che le prime a preparare questo dolce furono le suore del Collegio di Maria del quartiere "Batia" di Favara.; la ricetta veniva tramandata oralmente, dalle suore più anziane a quelle più giovani. Una delle prime ricette dell'Agnello pasquale porta la data del 1898 ed è appartenuta ad un ricca famiglia della borghesia agraria e solfifera dell'Ottocento favarese.

Frutta di Martorana

Un gusto simile all’Agnello pasquale ha la frutta di Martorana, dolce tipico non solo dell’agrigentino, ma anche del palermitano, del messinese e del trapanese.
È un dolce famoso nel mondo perché la preparazione di ogni pezzo prevede la perfetta riproduzione di frutti e talvolta di ortaggi o pesci. Internamente è simile al marzapane ma notevolmente più dolce e saporito, dal momento che alla base della sua ricetta ci sono esclusivamente la farina di mandorle e lo zucchero.
È un prodotto inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali(Mipaaf) ed è riconosciuto come prodotto agroalimentare tradizionale siciliano.

 

4.RAGUSA

 

 

Caciocavallo ragusano

Il Ragusano, storicamente chiamato caciocavallo ragusano (in siciliano “Cosacavaddu”), è un formaggio italiano DOP (Denominazione d'Origine Protetta).
È un formaggio semiduro a pasta filata prodotto esclusivamente con latte di vacca. La zona di provenienza del latte destinato alla trasformazione del formaggio "Ragusano" comprende l'intero territorio dei comuni di: Acate, Chiaramonte Gulfi, Comiso, Giarratana, Ispica, Modica, Monterosso Almo, Pozzallo, Ragusa, S. Croce Camerina, Scicli e Vittoria, in provincia di Ragusa e dei comuni di Noto, Palazzolo Acreide e Rosolini, in provincia di Siracusa. Viene utilizzato in molte delle preparazioni tipiche siciliane, ma può essere consumato anche da solo, magari dentro ad un panino appena sfornato.

Scacce

Le scàcce rappresentano un tipo di focaccia ripiena, fatta con uno strato di pasta rettangolare molto sottile che, piegato su se stesso tre o quattro volte, può essere farcito in modi diversi.
Le varianti più consumate sono quelle con ricotta e cipolla, ricotta e salsiccia, pomodoro e cipolla, pomodoro e melanzana, ma la scelta dei condimenti varia molto a seconda dei gusti, della zona e della stagione.
La focaccia ripiena è infatti un alimento della tradizione culinaria siciliana: l’economia dell’isola, un tempo principalmente di tipo agricolo, ha fatto sì che nella tradizione popolare prendessero piede numerosi piatti poveri, piatti che ancora oggi sono fra i più apprezzati.
Il termine focaccia ripiena è però poco usato: ripieno e nome cambiano da luogo a luogo. Non si tratta di nomi diversi dati alla stessa pietanza, perché le differenze di realizzazione sono sostanziali: ogni zona ha la sua precisa ricetta, secondo la tradizione locale. Così negli Iblei si trova la “scaccia”, nel catanese la “scacciata”, nel palermitano l’”impanata”. Di fatto esiste un termine per ogni luogo, e la zona geografica a cui si riferisce è generalmente molto limitata.

 

5.MODICA

 

 

Cioccolato di Modica

Il cioccolato di Modica o cioccolato modicano (in siciliano “ciucculatti murucanu” o “ciucculatti mudicanu”) si ottiene da una particolare lavorazione "a freddo" del cioccolato che esclude la fase del concaggio. La forza del prodotto consiste nella semplicità della lavorazione, nella masticazione granulosa e friabile grazie sia alla mancanza della fase di concaggio che allo zucchero che si presenta in cristalli, e nell'assenza di sostanze estranee (grassi vegetali, latte, lecitina di soia).
Alcune fonti riportano che durante la dominazione degli spagnoli in Sicilia nel XVI secolo tale lavorazione fu introdotta nella Contea di Modica, a quel tempo il più importante stato feudale del sud Italia, dotato di autonomia amministrativa. Gli spagnoli, a loro volta, l'avrebbero mutuata dagli Aztechi. Attualmente esistono tracce di questo tipo di lavorazione in Spagna ("el chocolate a la piedra"), oltre che nelle comunità indigene di Messico e Guatemala.
Ad oggi ne esistono diverse varianti: al di là di quella classica, le più caratteristiche sono quelle al peperoncino, alla cannella, alla vaniglia e agli agrumi.

'Mpanatigghi

Gli 'Mpanatigghi sono biscotti ripieni impanati, come un piccolo panzerotto a forma di semiluna, e ripieno di un composto di mandorle, noci, cioccolato, zucchero, cannella, chiodi di garofano e carne di manzo.
Questi biscotti furono con ogni probabilità introdotti dagli spagnoli durante la loro dominazione in Sicilia, avvenuta nel XVI secolo: lo provano sia l'etimologia del nome derivante dallo spagnolo "empanadas” o “empadillas" (empanada), sia l'accostamento alquanto inusuale di carne e cioccolato che ricorre più volte nell'arte culinaria spagnola. Nei secoli passati per la preparazione delle 'mpanatigghi veniva usata carne di selvaggina, ma oggi viene utilizzata carne di manzo.

 

6.SIRACUSA


 

Pizzoli

I Pizzoli sono un'invenzione di questo territorio, ma la loro origine è contesa tra Solarino e Sortino.
Si tratta sostanzialmente di due pizze sovrapposte l'una sopra l'altra: entrambe le parti vengono condite come fossero delle focacce, quindi con olio sale e origano in superficie, mentre all’interno vi è una elaborata farcitura, che può essere sia salata o dolce.
Gli ingredienti della farcitura del pizzolo sono molto variegati e si compongono in base ai gusti. Possono essere farciture salate, come prosciutto, pomodoro, formaggio, salame, spinaci, ricotta,funghi, patate, peperoncino e rucola, oppure farciture dolci, come creme dolci al cioccolato, al pistacchio e alla vaniglia o al miele (famoso è il miele di Sortino), Nepita o "Nipitedda" (l'erba aromatica che cresce sui Monti Iblei) e fichi secchi.
Sia Sortino che Solarino rivendicano l'origine contadina di questo piatto: infatti, in base ai racconti pervenuti sul pizzolo, esso deriverebbe da un'antica focaccia inizialmente farcita con verdure stagionali, olio e aromi, diffusa sia nella tradizione solarinese che in quella sortinese.

 

7.AVOLA

 

 

Mandorla Pizzuta di Avola

La mandorla Pizzuta è una coltivazione tipica del territorio della Val di Noto, in particolare di Avola, in provincia di Siracusa.
La mandorla viene ampiamente usata, in questa zona e in tutta la Sicilia, per molte preparazioni, alcune delle quali conosciute in tutto il mondo: la frutta Martorana, il torrone, il latte di mandorla, la cassata e la pasta di mandorla.
Quest’ultima (detta “pasta rìali” in siciliano) è stata ufficialmente riconosciuta come prodotto agroalimentare tradizionale siciliano e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf).

 

8.CATANIA

 

Pasta alla Norma

La pasta alla Norma (in dialetto “Pasta ca’Norma”) è un piatto originario della città di Catania. Tipicamente si utilizzano maccheroni o spaghetti, conditi con salsa di pomodoro (che in Sicilia viene sempre “aggiustata” con un po’ di zucchero), melanzane fritte, ricotta salata e basilico. È quindi un piatto principalmente estivo, sia per il suo sapore fresco che per la reperibilità degli ingredienti.
L’origine del nome è incerta: secondo alcuni si può ricondurre al nome di una giovane professoressa talmente avvenente da essere paragonata, per bellezza, al famoso piatto; secondo un'altra fonte sembrerebbe che a dare il nome alla ricetta sia stato il commediografo catanese Nino Martoglio, il quale davanti ad un piatto di pasta così condito avrebbe esclamato "È una Norma!", ad indicarne la suprema bontà, paragonandola alla celebre opera di Vincenzo Bellini.

Arancini

L'arancino (in siciliano “arancinu, o “arancina”, come viene chiamato nella zona orientale della Sicilia) è una specialità della cucina siciliana e, come tale, è stata ufficialmente riconosciuta e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (PAT) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAF) con il nome di "arancini di riso".
Sono costituiti da una palla o un cono di riso impanati e fritti e ce ne sono principalmente due varianti: al ragù, di forma piramidale, farcito generalmente con ragù, piselli e caciocavallo, e al burro, di forma sferica, farcito dadini di prosciutto cotto, mozzarella e besciamella.
Negli anni, comunque, ne sono state inventate diverse altre varianti: le uniche degne di nota, a mio parere, sono quella alle melanzane e quella al pistacchio (tipica della zona di Bronte).
Il nome deriva dalla forma originale e dal colore dorato tipico, che ricordano un'arancia. Una eterna questione che vede i Siciliani divisi in due faide riguarda “il sesso dell’arancino”: maschile o femminile?
Arancino o arancina?
Teoricamente, dal momento che il nome deriva dall’arancia, che in lingua italiana è al femminile, si dovrebbe parlare di “arancina”. Tuttavia in siciliano la declinazione al femminile dei frutti non è frequente quanto in italiano, e nel caso specifico l'arancia viene detta aranci: pertanto in siciliano il nome di questa pietanza è originariamente al maschile (“arancinu”).

Cannoli


I cannoli sono una delle specialità più conosciute della pasticceria siciliana, e come tale sono stati ufficialmente riconosciuti e inseriti nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf).
In origine venivano preparati in occasione del carnevale, ma col passare del tempo la preparazione ha perso il suo carattere di occasionalità ed ha conosciuto una notevolissima diffusione sul territorio nazionale, divenendo in breve un rinomato esempio dell'arte pasticcera italiana nel mondo.
Questi dolci si compongono di una cialda di pasta fritta (detta “scòrza” e lunga da 15 a 20 cm con un diametro di 4–5 cm) ed un ripieno a base di ricotta di pecora.
Per la scorza, si formano piccoli dischi di pasta (fatta di farina di grano tenero, vino, zucchero e strutto) che vengono arrotolati su piccoli tubi di metallo e poi fritti, tradizionalmente nello strutto (oggi anche in grassi meno costosi). Prima delle moderne leggi in materia d'igiene, la pasta veniva arrotolata su piccoli cilindri ottenuti ritagliando normali canne di fiume, che diedero così il nome al dolce.
Il ripieno di ricotta di pecora viene setacciato e zuccherato e spesso arricchito con l’aggiunta di canditi o gocce di cioccolata. Infine il dolce viene spolverato con lo zucchero a velo.

Arrusti e mancia

Se avete voglia di un po' di carne per tirare su le vostre riserve di ferro, Catania è il posto giusto per voi.
“Arrusti e mancia” significa “arrostisci e mangia” e, che ci crediate o no, è proprio quello che succede: nei quartieri tipici (primi tra tutti Via Plebiscito e il Castello Ursino), infatti, potrete pranzare o cenare in ristoranti prevalentemente alla buona accomunati tutti dalla presenza di una griglia all’esterno, sui cui potrete far arrostire tutto quello che le vostre papille gustative desiderano, e a prezzi davvero irrisori.
La scelta spazia tra la salsiccia (normale o condita, ossia arricchita con formaggio e qualche verdura), le polpette di carne di cavallo, gli involtini (costituiti da rotolini di carne impanata farciti con prosciutto e formaggio o con altri ingredienti), la fettina di carne di cavallo, la cipollata (ossia un cipollotto avvolto nella pancetta) ecc.
Un’esperienza da provare assolutamente, specialmente se la si conclude con un bel seltz limone e sale in uno dei tipici chioschi sparsi in giro per la città: il seltz, così come la maggior parte delle bevande servite al chiosco, hanno lo scopo di dissetare e aiutare la digestione, avendo tutti come ingrediente fondamentale il succo di limone.

Minn'i Sant'Aita

La cassatella di sant'Agata (“minnuzzi ri sant'Àjita” o “ri Virgini” in siciliano) è un dolce tradizionale catanese, che viene realizzato durante la festa di sant'Agata (santa patrona della città), che si svolge ogni anno dal 3 al 5 Febbraio.
Si tratta, di fatto, di piccole cassate, e sono quindi preparate con pan di spagna imbevuto di rosolio, farciti con ricotta, gocce di cioccolato e canditi e ricoperti esternamente di glassa con una ciliegia candita in cima.
Questo dolce rappresentante la fertilità della madre terra assume il valore simbolico dell'atto del martirio: la santa catanese, infatti, a causa del suo rifiuto alle “avances” del governatore romano Quinziano, venne perseguitata in quanto cristiana e martirizzata con l’amputazione di una mammella.

Granita

La granita è un dolce freddo al cucchiaio, tipico di tutta la Sicilia, ma che a Catania (non per essere di parte) giunge all’apoteosi.
Si tratta di un composto liquido semi-congelato preparato con acqua,zucchero e un succo di frutta o altro ingrediente (oltre alla frutta sono più diffusi mandorla, pistacchio, caffè o cacao).
Nella zona del messinese e su tutta la costa tirrenica è particolarmente diffusa quella al limone, mentre nella Sicilia orientale ci sono anche gusti molto particolati come cannella e gelsomino.
A Catania, invece, la granita per eccellenza è di caffè o di mandorla (“a minnulata”, per dirla alla catanese, a cui spesso si aggiunge un goccio di caffè caldo), ma anche di pistacchio e di gelsi.
Precisazioni che mi sento di fare sulla granita, dal momento che è un rito (generalmente mattutino, come sostituto della colazione) che deve essere onorato:
- la granita non è la granatina, non è la grattachecca e non è il sorbetto, non si può paragonare a nulla, e, se siete curiosi di sapere che sapore ha, potrete trovare una risposta solo venendola a mangiare in Sicilia; potete trovarla in qualsiasi bar o aspettare che il carrettino del venditore ambulante passi sotto la vostra casa suonando la campanella e scendere giù con un bicchiere di vetro per farvelo riempire;
- la granita si mangia con la brioche, e la brioche non è il cornetto, né altro, ma è “la brioscia ccu’tuppu”, una sorta di “cappellino” posto sopra la porzione principale di impasto.

 

9.BRONTE

 

 

Pistacchio di Bronte

Il pistacchio di Bronte, in siciliano chiamata “frastuca” (il frutto) o “frastucara” (la pianta), è una varietà di pistacchio a Denominazione di origine protetta DOP, nonché un Presidio Slow Food.
In cucina i pistacchi vengono utilizzati in tantissimi modi; gli usi più tipici sono:
- il pesto di pistacchio, condimento a dir poco unico per un piatto di pasta

- la crema al pistacchio, con cui è possibile farcire torte e biscotti
- i salumi al pistacchio, come mortadella e salame, arricchiti con pezzi di pistacchio
- la granita e il gelato al pistacchio
- il croccante al pistacchio, una sorta di torrone molto sottile fatto esclusivamente con i pistacchi.

Da segnalare la Sagra del Pistacchio di Bronte, che si svolge ogni anno durante l’ultima settimana di Settembre.

 

10.MESSINA

 

Pignoccata

La pignoccata (in siciliano “Mpagnuccata”), conosciuta anche come pignolata glassata, è un dolce originario della città di Messina, tipico del periodo di carnevale (anche se oggi lo si prepara tutto l’anno).
Si presenta come un mucchietto di pigne (ottenute da un impasto di uova, zucchero e farina) di varie dimensioni, ricoperte di glassa bianca al limone o scura al cioccolato.
L’arrivo di questi dolci viene annunciato dall'odore tipico di essenza di cedro (o bergamotto), per la pignoccata bianca, e cioccolato vanigliato, per la pignoccata nera.

Capperi e cucunci

I capperi (boccioli) e i cucunci (frutti veri e propri) sono un prodotto tipico del messinese e delle Isole Eolie, nonché dell’isola di Pantelleria, in provincia di Trapani.
Una volta raccolti, vengono messi in salamoia in sale marino fino alla completa maturazione (per cui sono necessari circa 20 giorni), in modo da togliere il sapore amaro che altrimenti avrebbero. Alla fine di questo periodo possono essere consumati, generalmente aggiungendoli alla pietanza a fine cotture (non dovrebbero essere cotti per non alterare il loro sapore particolare).
I capperi sono alla base di molti piatti siciliani, primo fra tutti la caponata.
Si possono acquistare o mangiare direttamente sul luogo. Quest'estate, a Salina, sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla scoperta degli arancini ai capperi: non sono facilmente reperibili, ma se vi capita di trovarli, non lasciatevi sfuggire l'occasione di provare questa commistione esplosiva tra due prodotti tipicamente siculi.

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Diana Pettinato
#Bio

Catanese di nascita e di spirito, abita attualmente a Milano. Medico per vocazione, nel tempo libero si diverte a preparare dolci e a scattare foto, pubblicandole dopo su Instagram. Ha un'insana passione per le torte di mele, i cappelli, le tazze, il Natale e i viaggi. Ama leggere, andare alle mostre e guardare i film (anche se alla fine guarda sempre gli stessi). Punti fermi: la sua famiglia, i suoi amici e la voglia di sorridere sempre. Sogni nel cassetto: studiare a Parigi e aver un cane di nome Paul Anka.