Come si festeggiavano i compleanni negli anni 90

Di Cristina Amato - Scritto il

Oggi riflettevo sui compleanni degli anni novanta (avevo 10 anni), su come si festeggiavano, soprattutto quando eravamo bambini o appena adolescenti. Se mi sforzo riesco persino a ricordare i bigliettini colorati che puntualmente andavo a comprare in cartoleria, ogni anno con un tema diverso in linea con la mia voglia di sentirmi sempre più grande, il testo però era sempre lo stesso:“Sei invitato/o alla mia festa di compleanno” Indirizzo – e data.

Non si sapeva mai in anticipo quanti invitati sarebbero arrivati, la conferma era a voce e, a volte, dubbia fino all’ultimo minuto. Era quasi un appuntamento al buio, ma quanto era bello sentire il campanello suonare ogni 5 minuti, una sorpresa, accogliere i compagnetti con il pantalone per l’occasione e la riga di lato. Per non parlare delle compagnette quasi tutte con il vestitino scelto accuratamente, capelli raccolti e un’innocenza tale che, al solo pensiero, mi si riscalda il cuore. Forse c’era più spontaneità (mi rendo conto parlo come mia madre e mia nonna, ma fateci caso quando pensate al passato, queste riflessioni non dovrebbero essere così estranee neanche a voi, tranquilli non state invecchiando, state diciamo, maturando, oggi voglio essere gentile).

Sì, c’era più spontaneità e improvvisazione; se facevi 12 anni, festeggiavi da 12 enne, non avevi le unghie rifatte, il rossetto rosso shocking e il tacco vertiginoso da 20 enne, al massimo per l’occasione tua madre ti permetteva di depilarti le ascelle, ma solo se il compleanno lo facevi d’estate. Non c’era nessuno che si occupava dell’organizzazione, nessun party planner, non si passavano ore in giro per negozi per addobbare casa a tema; lontano dalle cupakes, dalle torte super design e dai palloncini a effetto, tutto aveva il suo splendido senso. Non c’era l’esigenza di scegliere un menu ricercato, mamma e papà avrebbero pensato a ordinare una quantità di pizzette, arancini e cartocciate da sfamare un esercito. I nostri amichetti avrebbero fatto una colletta per regalarci Super Mario 3, e gli amici più stretti ci avrebbero regalato, fieri, una bella Smemoranda, un astuccio Naj-oleari, una cintura El Charro, uno zainetto Invicta di quelli a righe, un Pop Swatch, un Troll, un bel libro. 

 

 

A 15 anni le cose non cambiavano molto, sì magari durante la giornata, complice il motorino e i pomeriggi giovani, si festeggiava in giro con gli amici, ma la sera immancabilmente c’era sempre la torta da tagliare a casa, in cucina, dietro la parete attrezzata in noce. I ciuffi dei ragazzi un po’ più folti, le ragazze finalmente con il tanto bramato mascara. La festa continuava poi in salotto, con della musica improvvisata c’era, quasi sempre, l’addetto allo stereo che cambiava cassetta e poi negli anni cd; c’era anche chi, per l’occasione, faceva delle vere compilation (altro che playlist) che andavano dai lenti alle canzoni più ritmate, in un crescendo di emozioni ancora da brivido: dagli 883 romantici e struggenti che permettevano di stringerci in un patetico abbraccio con il ragazzo che segretamente amavamo, a “Gangsta Paradise” che faceva sentire tutti più furbi e americani, passando da “All that she wants” che intonavamo senza saper bene le parole, fino ad arrivare a "Wonderwall" che ci faceva sentire parte di qualcosa di veramente bello e grande. C’era poi lo scarto dei regali, i giochi improvvisati quello della bottiglia era il più gettonato, la festa non andava mai oltre la mezzanotte e poi gli amici andavano via,  sorridenti e ancora inconsapevoli del fatto che stavano scandendo il tempo di quelli che, un giorno, avremo chiamato gli anni più belli.

E adesso chiudi gli occhi premi play come se fosse il tuo vecchio stereo e inizia a cantare a squarciagola. 

 

 

 

Cristina Amato
#Bio

Cristina è caporedattrice di Splitit Magazine. Laureata presso la facoltà di Lettere e Scienze Umane di Neuchâtel ( Svizzera). Professione copywriter presso un’agenzia pubblicitaria è appassionata di letteratura e di pois. Nel 2013 pubblica il suo romanzo di esordio “Ogni tanto mi tolgo gli occhiali”, nel 2014 la raccolta “Fogli Sparsi” dall’omonima pagina Facebook. Affetta da patologie letterarie sta ancora contando i sogni nel cassetto. Attualmente è al lavoro sul suo secondo romanzo.